La Cassazione si esprime sulle condizioni per l’adesione implicita ad un contratto collettivo.
Il Supremo Collegio, con la recentissima sentenza n. 74 del 4 gennaio 2022, fa il punto sul tema dell’adesione implicita ad un contratto collettivo, rimarcando che essa postula la disamina della condotta tenuta in concreto dalle parti, da cui siano desumibili elementi tali da ritenere sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata.
Nella fattispecie, la società formulava disdetta della propria adesione a Confindustria, così interrompendo l’applicazione del contratto integrativo interaziendale, mai sottoscritto direttamente.
Un dipendente della stessa, denunciando l’illegittimo mancato riconoscimento della parte variabile del premio di partecipazione, previsto dal suddetto contratto integrativo, azionava un procedimento monitorio nei riguardi della medesima, ottenendo un decreto ingiuntivo, poi revocato dal Tribunale in sede di opposizione allo stesso.
La Corte d’Appello di Roma, in riforma di tale pronuncia, dichiarava invece l’illegittima disapplicazione del contratto integrativo.
Osservava, infatti, la Corte Distrettuale che, anche dopo aver dato disdetta alla propria adesione a Confindustria, la società aveva continuato a corrispondere ai propri dipendenti diversi elementi di carattere retributivo, indennitario e incentivante contemplati dal contratto integrativo in esame, sicché risultava illegittimo il mancato riconoscimento dell’ulteriore istituto contrattuale preteso dal dipendente.
D’altronde, secondo il Giudice del gravame, non era neppure configurabile la libera recedibilità dal contratto integrativo, avendo esso una durata predeterminata di 12 mesi, con rinnovo automatico salvo disdetta.
Avverso tale pronuncia la società ricorreva al Supremo Collegio, asserendo che la propria decisione di continuare ad erogare solo alcune voci, peraltro non variabili, della retribuzione, previste dal contratto integrativo, non abilitava il lavoratore a rivendicare l’applicazione di tutti gli istituti contrattuali previsti dallo stesso.
La Corte di Cassazione, nel definire la controversia, ha rimarcato, in via preliminare, la natura negoziale e privatistica dei contratti collettivi di lavoro postcorporativi, che trovano applicazione esclusivamente ai rapporti di lavoro individuali intercorrenti tra soggetti iscritti alle associazioni stipulanti ovvero che abbiano aderito a tali accordi, espressamente o implicitamente «attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione, senza contestazione alcuna, delle relative clausole al singolo rapporto».
Conseguentemente, al fine di accertare l’adesione implicita ad un contratto collettivo, il giudice ha il compito di «valutare in concreto il comportamento posto in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore, allo scopo di accertare, pur in difetto della iscrizione alle associazioni sindacali stipulanti, se dagli atti siano desumibili elementi tali da indurre a ritenere ugualmente sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata».
Su questa premessa, ha confermato la decisione della Corte Distrettuale, osservando che quest’ultima ha correttamente rilevato che, dopo la disdetta da Confindustria, la società ha continuato ad erogare numerose voci – retributive, incentivanti e indennitarie – previste dal contratto integrativo, per cui «dalla costante e prolungata applicazione di tali istituti ha desunto che la ricorrente, pur avendo dato la disdetta dall’associazione sindacale dei datori di lavoro (Confindustria), implicitamente avesse mantenuto l’applicazione della contrattazione collettiva».