Great Resignation: due milioni di dimissioni in un anno
Il termine Great Resignation fa riferimento al significativo aumento delle dimissioni, che vede un numero crescente di persone lasciare il loro lavoro. I motivi possono essere vari: dal burnout, alla ricerca di un posto che preservi il benessere, al desiderio di poter avere la possibilità di gestire le giornate di lavoro difendendo il work-life balance.
Complice di questo meccanismo è stata sicuramente la pandemia, che ha irrevocabilmente cambiato ciò che le persone si aspettano dal lavoro, rivalutando le loro priorità.
La Fondazione studi dei consulenti del lavoro, attraverso uno studio sul tema, afferma che sono soprattutto giovani, con livello di scolarità basso e residenti al Nord con il 56,4%, i lavoratori che nel 2021 hanno consapevolmente scelto di dimettersi dal proprio lavoro, il 23,7% al Sud e il 19,9% al Centro. Nel 43% dei casi si tratta di under 35 (la maggioranza sono uomini), mentre colpisce l’incidenza di lavoratori con un basso titolo di istruzione (il 54% circa), che hanno presentato le dimissioni nei primi nove mesi del 2021 e che hanno un titolo di studio inferiore al diploma superiore. Di questi solo il 14,5% ha una laurea mentre il 31,1% un diploma di istruzione superiore.
I settori in cui si concentra tale fenomeno sono i servizi (69%): commercio, hotel e ristoranti dove le dimissioni sono «riconducibili non solo alle condizioni lavorative, quali lavori temporanei, part-time e a bassa retribuzione, ma anche alle aspettative dell’offerta di lavoro, in molti casi giovanile, che accetta l’occupazione in tali ambiti come soluzione temporanea e di transizione.
Ecco I 10 motivi delle “grandi dimissioni”
Meritocrazia assente
La prima ragione risiede nel rapporto con i colleghi di livello pari o superiore. Soprattutto nel secondo caso, c’è eccessiva pressione, assenza di riconoscimento e di comunicazione trasparente, oltre a scelte non meritocratiche.
Il contenuto del lavoro
Spesso i lavoratori cambiano posto poiché sono alla ricerca di un lavoro più interessante e stimolante, di quello attuale e più idoneo con le aspettative del ruolo professionale a cui aspirano
I valori aziendali
Sempre più persone, non sono più disposte a scendere a compromessi tra i valori prioritari per la loro identità personale e quelli dell’organizzazione di cui fanno parte. Dunque si dimettono per scegliere un’azienda allineata al loro ideale.
Lo stipendio
E’ la ragione più ricorrente, in quanto se la retribuzione è percepita come insufficiente rispetto al proprio valore, il lavoratore è attratto da offerte in linea con il loro valore.
Il tempo
L’emergenza Covid ha reso instabile il rapporto tra vita privata e professionale, questo perché, come spiega Elena Parpaiola, amministratore delegato di Randstad Italia – “oggi i lavoratori sono meno propensi a sacrificare il tempo libero. Spesso scappano da condizioni “tossiche”, in cui l’attività professionale invade totalmente quella privata»
Le opportunità di crescita
Nella maggior parte i giovani chiedono prospettive di crescita, step professionali, stimoli continui con percorsi di carriera strutturati e ambiziosi.
La specializzazione
Accade sempre più spesso, per i profili qualificati ad inizio carriera, la ricerca di un’opportunità di specializzazione in un ambito di interesse, per acquisire o approfondire conoscenza ed esperienza in un ruolo, quindi la formazione diviene un elemento di attrazione.
Il clima
L’esperienza di isolamento dovuta alla pandemia, la conseguente assenza di relazioni sociali nei luoghi di lavoro e il derivato senso di smarrimento, hanno messo in luce l’esigenza di un ambiente di lavoro che sia accogliente, positivo e stimolante al fine di combattere lo stress della quotidianità e favorire la collaborazione e la produttività.
Il lavoro da remoto
L’esperienza dello smart working ereditata dalla pandemia, ha condotto molti lavoratori alla ricerca di offerte di lavoro che consentano di svolgere l’attività a distanza con maggiore flessibilità sugli orari ma finalizzato al raggiungimento di obiettivi.
Il desiderio di cambiare
Cambiare il posto di lavoro può significare dare un taglio alla quotidianità, proiettarsi verso nuovi scopi per raggiungere realtà che diano un nuovo significato al proprio percorso.
Alessandro Rimassa, fondatore di Radical hr, Club afferma in merito: “dobbiamo ingaggiare le persone e farle sentire parte delle nostre aziende. Servono percorsi di carriera chiari”. Rimassa conclude dicendo: «In un sistema economico fatto prevalentemente di Pmi che offrono servizi o prodotti di alta qualità le persone sono indispensabili: non sono più le persone a essere dipendenti delle aziende, ma le aziende a essere dipendenti dalle persone».