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13 giorni di assenza non giustificati, ma il licenziamento è illegittimo

MUNGIELLO AVVOCATI

13 giorni di assenza non giustificati, ma il licenziamento è illegittimo

Con la sentenza n. 18372/23, la Cassazione precisa che un dipendente non può essere licenziato per un’assenza di 13 giorni in un anno. Poiché si tratta di un provvedimento eccessiva e carente dei caratteri di proporzionalità, congruità e gravità rispetto alle assenze. La donna protagonista della vicenda, dipendente a tempo determinato presso un Comune siciliano con contratto part-time, (inquadrata nella categoria A e assegnata alla Direzione 1, Area 1), con ricorso depositato in data 1° ottobre 2020, impugnava il licenziamento ingiunto dal Comune a marzo 2020 con la seguente motivazione: irregolarità di gestione delle presenze con un totale di 13 giorni di scoperture nell’arco dell’anno 2019.

Il Tribunale con la sentenza n. 84/2021, emessa in data 23 febbraio 2021, respingeva il ricorso in quanto la richiesta di ferie non autorizzava la dipendente ad assentarsi dal lavoro senza prima attendere la risposta dell’Amministrazione datrice e che, se, da un lato, il Comune siciliano aveva fornito la prova dell’assenza della ricorrente dal servizio per 13 gg, dall’altro la donna non aveva “provato la sussistenza di idonee giustificazioni delle proprie assenze”. Quanto alla proporzionalità dell’atto di recesso, richiamato il tenore dell’articolo 55 quater del Dlgs 165/2001, riteneva che il “numero di giorni di assenza” fosse “decisamente rilevante”. La sentenza, inoltre, escludeva che la condotta della lavoratrice fosse dettata da buona fede dato che costei, poteva vantare “un credito di ferie di soli 4 giorni (fatto non contestato in ricorso)” e che, non avrebbe potuto, in ogni caso, fruire dei restanti 9 giorni.

Con il primo e il secondo motivo del ricorso in Cassazione la ricorrente denuncia, ai sensi e per gli effetti rispettivamente dell’articolo 360, n. 3, del cpc e dell’articolo 360, n. 5, del cpc, la violazione degli articoli 2106 e 2119 del codice civile, dell’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, dell’articolo 18 della legge 300/1970, degli articoli 55 e 63, comma 2 bis, del Dlgs n. 165/2001, dell’articolo 59 Ccnl nonché l’omesso esame circa la gravità dei fatti addebitati ai fini del licenziamento, in relazione al principio della proporzionalità, congruità e gravità. Difatti la Corte territoriale non si è assolutamente pronunciata sulla proporzionalità della sanzione e la questione, esaminata dal Tribunale, incorrendo in un enorme errore di valutazione. La Cassazione, dunque, ha accolto la richiesta della lavoratrice con la dichiarazione di illegittimità del licenziamento.

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