Assenza ingiustificata del lavoratore
Secondo la disposizione prevista dal disegno di legge in materia di lavoro, presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 6 novembre 2023, in tema di cessazione del rapporto per assenze senza giustificazione, l’assenza prolungata del lavoratore superiore a cinque giorni, deve essere interpretata come volontà chiara di cessare il rapporto, e pertanto può essere equiparata alle dimissioni di fatto.
Tale norma, prevista dall’articolo 9 del disegno di legge, va a modificare l’articolo 26 del Dlgs 151/2015, ed ha l’obiettivo di contrastare una pratica che mette in difficoltà le aziende: il lavoratore che intenda cessare il rapporto di lavoro, anziché dimettersi volontariamente, si astiene dalla prestazione lavorativa, in attesa del licenziamento per giusta causa. Così facendo, si realizza il requisito della perdita involontaria dell’occupazione, indispensabile per accedere all’ indennità di disoccupazione. Difatti, per poter beneficiare della Naspi, il rapporto di lavoro deve chiudersi per licenziamento, sia per giusta causa, sia per giustificato motivo oggettivo, o per altre causali come il superamento del periodo di comporto.
L’attuale formulazione dell’articolo 26 del Dlgs 151/2015, comporta, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore, una serie di difficoltà gestionali per il datore di lavoro, il quale, se non è intenzionato a recedere per giusta causa dal rapporto di lavoro, sopportando il costo del ticket di licenziamento, è tenuto a “congelare” il rapporto di lavoro. Tuttavia, pur se il datore di lavoro non sarà tenuto, in assenza di prestazione lavorativa, a pagare le retribuzioni, è altrettanto vero che si corre il rischio di un ripensamento del lavoratore. Il quale potrebbe ben pensare di fare ritorno in azienda e il datore di lavoro, che durante l’assenza può aver messo in atto riorganizzazioni del personale, dovrà necessariamente attivarsi al fine di reperire una posizione che sia compatibile con la professionalità del dipendente. Dunque, tale eventualità, potrebbe indirizzare il datore di lavoro sulla via del procedimento disciplinare, al fine di attuare il licenziamento per giusta causa. Quindi, in tal caso, il datore di lavoro contesterà al lavoratore la condotta illegittima che risiede nell’assenza ingiustificata, concedendo al lavoratore il termine di difesa, oltre il quale, potrà essere ingiunto il licenziamento senza preavviso. Pertanto, il datore di lavoro, corrisponderà il ticket di licenziamento (pari, nel 2023, a un massimo di 1.809,30 euro), mentre l’Inps erogherà al lavoratore la Naspi. Ad ogni modo, nell’attuale formulazione, permane ancora qualche lacuna, ad esempio, il testo non spiega come debba essere interpretata la locuzione «oltre il termine previsto dal contratto collettivo», ovvero se si intenda il numero di assenze che comportano il licenziamento con preavviso, oppure quelle che legittimano il recesso “in tronco” per giusta causa, il quale, essendo un provvedimento disciplinare attuato per gravi motivi, non dà diritto alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso.